Contro lo stato, sulla vergogna di Bolzanetto. Da Carmillaonline

Oggi qualcuno ha voglia di parlare di questo, qualcuno no; qualcuno ha dimenticato la propria indignazione, qualcuno non l’ha mai avuta. Non l’ha mai avuta, nemmeno negli stessi giorni in cui succedeva il delirio a Genova. Non amiamo fare le vittime. Siamo rivoluzionari, e i rivoluzionari non sono mai andati incontro ad un destino buono o dolce. Ce ne prendiamo le responsabilita’, tutte. Ma quello che e’ successo a Genova e’ diverso, e dovrebbe almeno risvegliare una coscienza anche nei non-rivoluzionari. Ma questo non avviene. Ed io oggi sto zitto, faccio parlare qualcuno al posto mio. La rabbia e’ tanta, e la storia ancora lunga perche’ arrivi il conto da pagare. Nel 2009 saremo a La Maddalena, li forse scattera’ l’indignazione. A La Maddalena forse, in un momento di risveglio della memoria collettiva, riusciremo a tirare fuori la nostra indignazione. Se ci sentiamo ancora uomini e donne. Io sento che possiamo ancora ancora definirci tali. Sono un inguaribile ottimista. Ma come al solito mi sveglio, un’altra volta, tutto sudato.

Fonte: http://www.carmillaonline.com/archives/2008/07/002710.html

di Giuseppe Genna
[Le opinioni qui espresse sono da considerarsi
di responsabilità oggettiva solo e unicamente dello scrivente e non
includono alcun coinvolgimento editoriale di chiunque altro scriva su
questo blog. gg]

Il primo commento alla indegna sentenza che riduce la tragedia della scuola Diaz
a una rissa in cui qualcuno ha alzato un po’ troppo il gomito (col
gomito fracassando calotte craniche e lacerando tessuti) sarebbe che ha
ragione Berlusconi. La Magistratura è da riformare. Ogni sentenza
risulta disomogenea rispetto alle altre emanate per vicende consimili.
Sui fatti nodali della storia italiana, i giudici non hanno giudicato
niente. Sul passato devastato di questa nazione, i magistrati sono
forcaioli in attesa di incrementare l’intensità con cui il passato non
è devastato ma devastante. Avrebbe ragione Berlusconi e, di
conseguenza, avrebbe ragione quello che non so più come definire
(centro, pallida socialdemocrazia cristiana, incrocio genetico
dell’a-politica…), insomma, quella roba rosa pallido lì: si dovrebbe
riformare la Giustizia, ma finché c’è Berlusconi non lo si può fare.
E sarebbero giudizi sbagliati. Perché la sentenza sui fatti di
Bolzaneto evidenzia che è lo Stato tutto, in qualunque sua funzione, a
risultare compromesso, purulento, contaminante. Il giudizio va
tracciato oltre ogni tentazione ideologica. Si ha da essere contro lo
Stato.

 

Noi,
rivoluzionari-anarchici, fautori dell’istruzione generale del popolo,
dell’emancipazione e del piú vasto sviluppo della vita sociale e di
conseguenza nemici dello Stato e di ogni statalizzazione, affermiamo,
in opposizione a tutti i metafisici, ai positivisti e a tutti gli
adoratori scienziati o non della scienza deificata, che la vita
naturale precede sempre il pensiero, il quale è solo una delle sue
funzioni, ma non sarà mai il risultato del pensiero; che essa si
sviluppa a partire dalla sua propria insondabile profondità attraverso
una successione di fatti diversi e mai con una serie di riflessi
astratti e che a questi ultimi, prodotti sempre dalla vita, che a sua
volta non ne è mai prodotta, indicano soltanto come pietre miliari la
sua direzione e le varie fasi della sua evoluzione pro
pria e
indipendente.
In conformità con questa convinzioni noi non solo non abbiamo
l’intenzione né la minima velleità d’imporre al nostro popolo, o a
qualunque altro popolo, un qualsiasi ideale di organizzazione sociale
tratto dai libri o inventato da noi stessi ma,
persuasi
che le masse popolari portano in se stesse, negli istinti piú o meno
sviluppati dalla loro storia, nelle loro necessità quotidiane e nelle
loro aspirazioni coscienti o inconsce, tutti gli elementi della loro
futura organizzazione naturale, noi cerchiamo questo ideale nel
popolo stesso; e siccome ogni potere di Stato, ogni governo deve, per
la sua medesima essenza e per la sua posizione fuori del popolo o sopra
di esso, deve necessariamente mirare a subordinarlo a un’organizzazione
e a fini che gli sono estranei noi ci dichiariamo nemici di ogni
governo, di ogni potere di Stato, nemici di un’organizzazione di Stato
in generale e siamo convinti che il popolo potrà essere felice e libero
solo quando, organizzandosi dal basso in alto per mezzo di associazioni
indipendenti e assolutamente libere e al di fuori di ogni tutela
ufficiale, ma non fuori delle influenze diverse e ugualmente libere di
uomini e di partiti, creerà esso stesso la propria vita.
Queste sono le convinzioni dei socialisti rivoluzionari e per questo ci
chiamano anarchici. Noi non protestiamo contro questa definizione
perché siamo realmente nemici di ogni autorità, perché sappiamo che il
potere corrompe sia coloro che ne sono investiti che coloro i quali
devono soggiacervi. Sotto la sua nefasta influenza gli uni si
trasformano in despoti ambiziosi e avidi, in sfruttatori della società
in favore della propria persona o casta, gli altri in schiavi.
È chiaro allora perché i rivoluzionari dottrinari che si sono assunta
la missione di distruggere i poteri e gli ordini esistenti per creare
sulle loro rovine la propria dittatura, non sono mai stati e non
saranno mai i nemici ma, al contrario sono stati e saranno sempre i
difensori piú ardenti dello Stato. Sono nemici dei poteri attuali solo
perché vogliono impadronirsene; nemici delle istituzioni politiche
attuali solo perché escludono la possibilità della loro dittatura; ma
sono tuttavia i piú ardenti amici del potere di Stato che dev’essere
mantenuto, senza di che la rivoluzione, dopo aver liberato sul serio le
masse popolari, toglierebbe a questa minoranza pseudorivoluzionaria
ogni speranza di riuscire a riaggiogarle a un nuovo carro e di
gratificarle dei suoi provvedimenti governativi.
Ciò è tanto vero che oggi, quando in tutta l’Europa trionfa la
reazione, quando tutti gli Stati ossessionati dallo spirito piú
frenetico di conservazione e di oppressione popolare, armati da capo a
piedi di una triplice corazza, militare, politica e finanziaria e si
apprestano sotto la direzione del principe Bismarck a una lotta
implacabile contro la Rivoluzione Sociale; oggi, quando si sarebbe
dovuto pensare che tutti i sinceri rivoluzionari s’unissero per
respingere l’attacco disperato della reazione internazionale, noi
vediamo al contrario che i rivoluzionari dottrinari sotto la guida del
signor Marx prendono dappertutto il partito dello statalismo e degli
statalisti contro la rivoluzione del popolo.

Ora,
mi sia permesso aggiungere qualche breve nota personale. E cioè che io
mi vergogno non soltanto di vivere in uno Stato la mia esistenza che
forzosamente è resa miseranda dalla struttura statuale stessa, ma mi
vergogno maggiormente a vivere in questo Stato; mi repelle
qualunque istituzione, che si forma per necessità tutt’altro che
naturali e popolari, ma per imposizione non contestabile da chiunque,
che si ritrova immerso in questo habitat da quando è demilienizzato a
un giorno dalla nascita e, anche se poi si mette a contestare questo
condizionamento totalizzante (che è tale poiché lo Stato è un ente
totalitario), comunque finirà a morire in un ospedale senza avere
sortito nulla, e chi rimane dovrà pure essere grato perché lo Stato
garantisce un posto di merda dove morire; sono orripilato
quotidianamente dalla visione delle cosiddette Forze dell’Ordine, che con l’Arma dei Carabinieri sortiscono il massimo gradimento e fiducia dei miei concittadini, e si stanno visibilmente moltiplicando sotto i miei occhi, godendo di leggi fatte all’impromptu per
permettere loro un controllo ancora più serrato sulle persone, non
bastando il fatto che, trascorsa la stagione di Piombo, non sono state
ancora abrogate le leggi restrittive emanate ai tempi da Francesco
Cossiga, cosicché senza accorgersi i miei concittadini vivono
in uno stato di guerra legislativo, senza che ci sia più quella guerra;
mi viene da vomitare al pensiero che si sorveglino militarmente
inesistenze e astrazioni dette "confini", purissimi atti di volontà di
potenza che nessun geomorfismo giustifica; sono angosciato dal fatto
che lo Stato permetta a difensori e pm e giudici di trattare donne
violate come le tratta in quelle enclave che sono le aule
giudiziarie; sono sconvolto dall’aberrazione dell’ideologia trionfante
(quintessenziale all’idea di Stato stesso) della pena, questo
protocollo per cui, anziché arrivare a una civiltà, si invera in forma
legislativa l’occhio per occhio e il dente per dente, appalesando con
somma serenità e assenza di opposizione qualunque la reale natura
vendicativa dell’istituzione stessa, che condiziona chiunque; sono
sconcertato dall’assoluta assenza di reazione coscienziale di chi abita
con me in questo che, prima che uno Stato, è un luogo, puramente e
semplicemente un luogo, dove si è sviluppata una lingua comune e
peraltro la lingua più poetica del mondo moderno.
Il mio pensiero va agli ultimi tra i calpestati dallo Stato, che sono i
massacrati della Diaz. Si aggiungono a una teoria infinita di persone,
non di cittadini, per cui non c’è stata la tanto vantata tutela dello
Stato, perché non può esserci, e dunque sarebbe anche inutile
aspettarsela o berciare, come sto facendo, perché non c’è. E dico le
vittime e i colpevoli tutti, tutti gli
abitanti di questo luogo, che ha una storia cangiante e multiforme, che
non si trova nei manuali di storia statale che vengono comminati nelle
scuole, per l’attuale disinteresse delle giovani generazioni, le più
condizionate che abbiano calcato questa penisola e vissuto in questa
civiltà, erettasi su fondamenti etruschi e cioè asiatici, greci,
mediorientali, ebrei, arabi, normanni, tedeschi, francesi, spagnoli,
africani, cinesi e, purtroppo, sì, anche vaticani.
Concludo citando quello di prima, perché si comprenda che non a caso ho
citato il connubio vomitevole di cui l’Italia è attuale avanguardia
residuale (un paradosso che da solo qualifica questo posto in cui
stiamo) – quello tra Stato e Chiesa, cioè tra Idea dello Stato e Dio.
Buon futuro a tutti, concittadini, ovverosia voi che vi sentite cittadini

Dio
appare, l’uomo si annienta; e più la Divinità si fa grande, più
l’umanità diventa miserabile. Ecco la storia di tutte le religioni:
ecco l’effetto di tutte le ispirazioni e di tutte le legislazioni
divine. Nella storia, il nome di Dio è la terribile vera clava con la
quale tutti gli uomini divinamente ispirati, i "grandi geni virtuosi",
hanno abbattuto la libertà, la dignità, la ragione e la prosperità
degli uomini.
Abbiamo avuto prima la caduta di Dio. Abbiamo ora una caduta che
c’interessa assai più: quella dell’uomo, causata dalla sola apparizione
di Dio o manifestazione sulla terra. Vedete dunque in quale orrore
profondo si trovano i nostri cari ed illustri idealisti. Parlandoci di
Dio, essi credono e vogliono elevarci, emanciparci, nobilitarci, ed al
contrario ci schiacciano e ci avviliscono. Col nome di Dio, essi
immaginano di poter edificare la fratellanza fra gli uomini, ed invece
creano l’orgoglio e il disprezzo, seminano la discordia, l’odio, la
guerra, fondano la schiavitù.
Perché con Dio vengono necessariamente i diversi gradi d’ispirazione
divina; l’umanità si divide in uomini ispiratissimi, meno ispirati, non
ispirati.
Tutti sono egualmente nulla davanti a Dio, è vero, ma confrontati, gli
uni agli altri, alcuni sono più grandi degli altri; non solamente di
fatto, ciò che non avrebbe importanza perché una ineguaglianza di fatto
si perde da se stessa nella collettività quando non può afferrarsi ad
alcuna finzione o istituzione legale; ma alcuni sono più grandi degli
altri per volere del diritto divino dell’ispirazione: il che
costituisce subito una in eguaglianza fissa, costante, pietrificata.
I più ispirati devono essere ascoltati ed obbediti dai meno ispirati e questi dai non ispirati.
Ecco il principio di autorità ben stabilito e con esso le due istituzioni fondamentali della schiavitù: la Chiesa e lo Stato.

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